L’irraggiarsi del visibile
Come sarebbe stato contento Alberto Flammer di fare o di presiedere alla Tac che recentemente è stata praticata alla mummia di Tutankhamon nella Valle dei Re, a Luxor. E chissà quali immagini avrebbe scelto del cranio del farao- ne fanciullo…
Alla fine degli anni Ottanta, affascinato dal Libro dei morti, Flammer aveva a lungo fotografato quei geroglifici sui muri millenari dell’antico Egitto, mettendo in evidenza le luci e le ombre dei misteriosi documenti.
Gli piace anche girovagare nei viali dei cimiteri. E ora che ha completato il ciclo delle radiografie e delle risonanze magnetiche, sta fotografando proprio i teschi sulle vecchie lastre tombali. Ancora una volta, per una scommessa sulla luce: cosa si possa ricavare da immagini completamente annerite. E sta per recarsi a Palermo a fotografare le decine e decine di mummie nelle catacombe cinque-seicentesche di quella città.
Ma cosa cerca ora Alberto Flammer con queste radiografie, con queste risonanze magnetiche?
Certamente un confronto con la morte: un fare i conti con questo Cavaliere misterioso che attraversa la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi, e che nella vita di Flammer è entrato prepotentemente quando egli aveva sedi- ci anni, con la morte del padre. Che era stato anche il suo primo maestro Fotografo rigoroso, chiuso spesso in un atelier che aveva più l’aspetto di un laboratorio di alchimista, aveva trasmesso al figlio ancora ragazzo la stessa passione per la ricerca e la sperimentazione. la curiosità di inventare strade nuove …
tratto dal testo di Antonio Ria