FOTOGRAFIE
Christof Klute
22 09 2012 > 03 11 2012
in contemporanea
White City
Fondazione Rolla, Bruzella
rolla.info
Untitled (HANSA A)
Berlin 2007 (Oskar Niemeyer) – Ed 2/5
CPrint on diasec cm 60×70
Untitled (HANSA A) – II
Berlin 2007 (Oskar Niemeyer) – Ed 2/5
C-print on diasec cm 60×70
Untitled (Novo Comum), Como 2008 i-II-III
(Giuseppe Terragni) – ed 3/5
LaserPrint on Diasec 3 x cm 90×60
Untitled (Bella Vista), I-II-III
Copenhagen, 2010 (Arne Jacobsen) ed 3/5
Trittico C-Print on diasec 3 x cm 90×60
Untitled (Onkel Tom Hütte) – III
Berlin 2010 (Bruno Taut)
C-print on Diasec cm 90×60
Untitled (Onkel Tom Hütte) I- XII
Berlin 2010 (Bruno Taut)
C-print on Diasec 12 x cm 90×60
La pratica del limite
Arch. Katia Accossato
Chiasso, settembre 2012
Christof Klute si ferma nei luoghi di sosta (e di transito) durante le tappe di un pellegrinaggio attorno ad architetture che rappresentano la quotidianità dell’abitare del XX secolo in Europa.
Tali luoghi sono dentro e fuori a edifici costruiti da maestri dell’architettura moderna quali Jacobsen, Moretti, Niemeyer, Taut e Terragni. Si intravede la possibilità di muoversi verticalmente come in un grande edificio, oppure di indovinare l’intimità di un’abitazione dietro le piccole finestre. Il tema che ricorre in tutte le fotografie è quello del filtro trasparente fra dentro e fuori. Indaghiamo in queste immagini i luoghi di soglia in cui l’architetto ha esercitato l’attività di “porre confini”, pratica che gli appartiene, fondamento del suo mestiere. L’essenza stessa del fare architettura è la composizione fra limitato e illimitato; dall’incontro fra ciò che è definito e ciò che non lo è, emerge la forma.Dalla piccola finestra passiamo alla grande parete smaterializzata. E dalla dimensione minima dell’appartamento berlinese che segue i dettami dell’existenzminimum passiamo alla luminosità delle grandi aule dello spazio collettivo delle case per la gioventù e dell’asilo di Como. Nelle fotografie di esterni le porte sono chiuse, c’è una trasparenza che non ci lascia entrare, quasi come se non potessimo vedere chiaramente all’interno. L’interno rimane un luogo segreto. Tale mistero rende più densa e ambigua l’idea di soglia (schwelle contiene la parola welle, onda e slancio, schwellen significa anche gonfiarsi). Ci fermiamo sulla soglia, non entriamo a violare lo spazio sacro di chi vi abita. I vetri raccontati da Klute non sono pensati per il passaggio (la porta di Georg Simmel) attraverso la quale varcare il confine (come i limites chiari e netti di Carl Schmitt), sono piuttosto vetri con uno spessore, margini piu’ che limiti, in cui è possibile perdersi. Pensiamo alle vetrate delle cattedrali gotiche. La soglia diventa uno spazio, non è solo una linea di separazione. Le trasparenze (quasi nel senso della Transparenzbegriff di Colin Rowe e Robert Slutsky) diventano luoghi da abitare.
Architettura attesa
Arch. Luigi Trentin
Chiasso, settembre 2012
L’architettura viene percepita in forma distratta. In viaggio, passeggiando per la città o sulla strada di casa. Dimentichiamo che l’architettura ha bisogno di tempo e di silenzio. La qualità è spesso nascosta nella maniera in cui è possibile raccordare due superfici, un piano con un altro, due materiali diversi. Fondamentale è la capacità di usare le cose più semplici (una finestra? Un colore?) per ottenere delle differenze. Lo spazio dell’architettura è il vuoto e sembra avere una segreta affinità con le pause in musica. E il vuoto, la non – materia che è sottesa tra elementi di materia costruita, non è facile da afferrare. L’ombra può rivelarlo, indotta dal suo contrario, la luce che colpisce superfici, pareti piane o curve secondo un disegno. La precisione è il tratto significativo: nel calibrare le dimensioni, trovare corrispondenze, dettare le misure e le proporzioni della cose.
L’architettura si rivela a chi ha la pazienza dell’attesa.