La Regione                 23 novembre 2020
articolo intervista di Giovanni Medolago

È Stefania Beretta la protagonista della nuova mostra alla Cons Arc (da Conservazione, risp. Archivio). La numero 130 -circa!- tra quelle ospitate dalla Galleria chiassese, che in questo tribolato 2020 ha ricordato più che festeggiato il suo 30mo di attività. È stata l’occasione per toglierci qualche curiosità: a Daniela e Guido Giudici, creatori e tuttora responsabili della Cons Arc, abbiamo chiesto dapprima com’è nata la loro passione per la Fotografia.

Daniela: Forse a Vevey, dove vivevamo nel ‘77/78, visitando mostre e musei. Tornati in Ticino, aprimmo la Galleria FotografiaOltre con alcuni amici visionari e appassionati.

Guido: rubando la Voitgländer (azienda ottica fondata a Vienna nel 1756! n.d.r.) di mio padre per poi pasticciare in camera oscura! Oltre la tecnica, mi interessava la Storia della Fotografia. La prima l’ha scritta nel 1914 Helmut Gernsheim, che abbiamo poi incontrato quando abitava a Castagnola.

Entrambi impegnati nel mondo bancario, Daniela e Guido lo lasciano nel 1990 per fare della Fotografia un’autentica professione. Quali le linee guida per scegliere gli artisti da portare a Chiasso?

G.: I criteri sono certo cambiati, l’intento principale è tuttavia sempre stato quello di proporre una Fotografia che fosse estranea a ogni logica commerciale e lontana dal fotogiornalismo. Oggi direi che ci stiamo focalizzando sulla fotografia di architettura e paesaggio urbano. Altro punto cardine rimasto nel tempo è l’intento di offrire immagini che esprimano un pensiero e soprattutto che spingano i visitatori a pensare.

D.: Tante mostre sono frutto di lunghe chiacchierate in Galleria. Talvolta l’interesse nasce dai Festival che visitiamo. Qualche expo arriva così, quasi da sola; in altri casi andiamo a cercarla!

A proposito di Festival, siete affezionati in particolare ai “Rencontres Photos” di Arles. Difatti la riposta è unanime: “Arles è la Regina dei Festival. Lo frequentiamo da decenni, e negli ultimi anni abbiamo la fortuna di avere un magnifico spazio a due passi dal Teatro Antico, dove proponiamo una degli artisti ospitati a Chiasso. È un lavoro impegnativo: per una settimana incontriamo una persona dietro l’altra a ritmo continuo, però è sicuramente un’esperienza interessante. Abbiamo iniziato una collaborazione coi responsabili dei “Rencontres”, che ci chiamano a valutare i Portfolios. Quest’anno non se n’è fatto nulla, e Arles… sì, ci è mancata!”

Cos’è cambiato maggiormente rispetto al passato? Gli artisti/fotografi o il mercato/marketing?

D.: L’avvento del digitale è stato rivoluzionario, ma in Galleria non facciamo scelte basate solo sulla tecnica. Se un lavoro ci sembra interessante, se l’autore ha un percorso coerente e riesce a muoverci un’emozione, non ci chiediamo se è stato realizzato in digitale o in analogico. Il mercato risente anche di quell’attenzione mediatica rivolta sempre e solo ai grandi nomi e va in quella direzione. Noi puntiamo viceversa pure sui giovani o su autori ancora poco conosciuti, a volte con grandi soddisfazioni.

G.: Siamo cambiati prima di tutto noi! Il nostro gusto e le nostre aspettative. Accanto al digitale, anche l’avvento di Internet è stata una rivoluzione: l’immagine, in tutte le sue forme, oggi ha una divulgazione e un consumo velocissimi. Forse la pandemia ha ulteriormente accelerato la divulgazione dell’immagine attraverso la rete, ma penso che quanto viene visto sullo schermo di uno smartphone non abbia nulla a che fare con l’esperienza diretta della visita di una mostra, dove l’oggetto artistico comunica molto con la sua fisicità. Tra le note positive, citerei il boom del libro fotografico e/o d’artista.

Anche grazie alla Cons Arc e a quella “Biennale dell’Immagine” che vi deve molto, Chiasso può oggi definirsi un polo CH della Fotografia ?

D.: Spero che il lavoro svolto dal 2004 dal Comitato della Biennale, prima con il Comune e poi con l’Associazione creata nel 2016 abbia portato la città Chiasso a essere riconosciuta come sede di una delle Rassegne più importanti in Svizzera, accanto a quella di Vevey e Bienne.

G.: La Biennale dell’Immagine ha fatto sì che in Ticino potessero arrivare importanti autori che altrimenti sarebbero stati difficilmente abbordabili. Purtroppo in queste attività la capacità finanziaria è determinante e molti si stupirebbero sapendo quanto poco sono costate le edizioni della Biennale a confronto della qualità offerta. Ci sono festival di fotografia che hanno disponibilità dieci volte superiori a quelle della rassegna chiassese.

Domanda finale inevitabile: un aneddoto su questi 30 anni della Cons Arc?

D.: Ce ne sarebbero da scrivere un libro e forse lo faremo! Per noi sono importanti gli incontri fatti e soprattutto quelli che faremo. Siamo ancora in rapporto con molti artisti che abbiamo ospitato. Indimenticabili gli incontri con Gabriele Basilico, Alberto Flammer, René Burri, Francesco Radino e, tra molti altri, Letizia Battaglia.

G.: All’inizio degli Anni ‘80, abbiamo avuto l’occasione di incontrare uno dei più grandi fotografi italiani: Mario Giacomelli. Capitammo nel suo campeggio a Senigallia e per quattro sere abbiamo parlato di fotografia. Dopo quei pochi giorni, Mario ci consegnò 100 stampe per allestire una mostra a Chiasso. Quando ci salutammo, mi ricordo ancora il suo sguardo mentre ci disse: buona fortuna!