Qui trovate indicazioni relative a principi per una buona conservazione dei vostri documenti, che siano fotografie, materiale cartaceo o altro.
Quanto scritto in queste pagine, non vuole essere un trattato scientifico, ma semplicemente un testo con consigli utili derivanti dalla nostra esperienza. La bibliografia servirà a chi volesse approfondire il tema.
Siamo a disposizione per ulteriori informazioni. Per domande che esulano la nostra competenza possiamo indirizzarvi a professionisti specializzati nei vari campi del restauro di carta, tele e naturalmente per la fotografia.
di Guido Giudici
marzo 2011
Avvertenze / Prefazione
Quando si acquista un prodotto qualsiasi, in genere si trovano nella confezione le istruzioni per l’utilizzo e le avvertenze affinché la sua durata sia più lunga possibile.
Ebbene queste dovrebbero trovarsi anche assieme al materiale fotografico trattato, sia positivo che negativo. Questo non succede e capita che, una volta sviluppato, il negativo o la stampa positiva vengano trattati nel modo sbagliato.
Scrivere per una rubrica di conservazione ed archiviazione di materiale fotografico significa, per me, far capire al lettore che ci sono determinate cose che non si devono fare ed altre che, se si vuole mantenere il più a lungo possibile un prodotto fotografico, si deve avere l’attenzione di eseguire. Vuol dire, in qualche modo, cambiare delle abitudini sbagliate, e so che questo è sempre molto difficile.
In effetti se si parte dal presupposto che niente è eterno potrebbe sembrare inutile una rubrica sulla conservazione, ma ritengo utile, ed anche l’editore lo ha ritenuto, sprecare qualche parola affinché i meno informati sappiano cosa succede quando un negativo od un positivo vengono manipolati nel modo sbagliato.
Darò pertanto delle indicazioni generali affinché si capisca perché certi atteggiamenti sono necessari per un buon mantenimento del materiale fotografico, evitando le formule scientifiche e le motivazioni “molecolari”, anche perché la mia preparazione non lo permette. Saranno comunque delle “AVVERTENZE” utili per migliorare quello stato di cose che, per esperienza, vede negativi e stampe positive, per la maggior parte, maltrattati.
Alcune indicazioni che darò qui di seguito, sembreranno difficili da ottenere o di importanza relativa al momento che dovranno essere fatte; impegneranno ulteriore tempo e diventeranno un costo per il fotografo, ma insisto sul loro valore visto come investimento qualitativo globale.
In un certo qual modo diventa un risparmio se si tiene conto che pagare un premio per un’assicurazione (ammesso che esista una polizza di questo genere) per il risarcimento di negativi graffiati o per un positivo piegato o scolorito e rovinato definitivamente, costerebbe di più che non impegnarsi in una maggiore attenzione.
Il mio primo intervento é basato sull’informazione delle cause che determinano il deterioramento del materiale fotografico e sarà diviso in tre parti: la qualità del materiale, la manipolazione, fattori ambientali.
La qualità del materiale
Non é cosi ovvio che, per chi produce materiale fotografico, sia importante utilizzare il miglior materiale che il mercato offre.
La prima differenza si riscontra tra il bianco/nero ed il materiale a colori. I copulanti utilizzati generalmente per il materiale a colori sono poco stabili e vengono facilmente attaccati da fattori ambientali più che nel materiale bianco/nero.
Un bravo conservatore sa che l’ottimo sarebbe archiviare il materiale a colori sia negativo che positivo su lastre, ad una temperatura uguale o inferiore a 0 gradi con umidità relativa controllata. Il bianco/nero é meno esigente ed un ambiente con valori di temperatura e umidità relativa (RH) stabili e costanti (16/20 gradi con 50/60% di RH) é più facile da ottenere.
Per quanto riguarda il positivo, più che di materiali si tratta anche di tecniche di stampa più affidabili dal punto di vista della conservazione e vi sono in commercio materiali di lunga durata: dye transfer (tra poco non più fabbricato), cibachrome, stampa al carbone ed ultimamente un nuovo materiale chiamato Ultrastable, per il colore; le carte baritate ai sali d’argento con viraggio protettivo, la stampa al platino palladio, la stampa al carbone ed alcune tecniche d’epoca. Tecniche che introduco l’argomento dei costi e del tempo di trattamento, fattori non trascurabili nell’attività di un fotografo.
Rimanendo però sui materiali più utilizzati si può affermare che il bianco /nero si riesce a conservare meglio.
Dopo questo presupposto e, specialmente per chi tratta in camera oscura il materiale per proprio conto, é bene affermare che il primo importante fattore di conservazione per negativi o positivi fotografici é che questi vengano trattati seguendo le istruzioni che i produttori dei chimici per camera oscura danno insieme al prodotto. Un trattamento fatto nel modo corretto è un primo passo verso la lunga vita del vostro materiale fotografico. Il lavaggio, fase finale del trattamento, ha importanza determinante al fine della eliminazione completa di residui di fissaggio ed eviterà che questi residui si ossidino e causino macchie e deterioramenti difficilmente correggibili e restaurabili. Richieste di informazioni ai tecnici delle ditte fornitrici agevoleranno il fotografo ad effettuare il trattamento nel modo migliore.
(Foto a pag 81 del libro kodak “Conservation of photographs)
La dimostrazione di quanto scritto sopra é data dalle fotografie d’epoca che sono riuscite ad arrivare ai nostri giorni: chi avesse avuto l’occasione di visitare un archivio fotografico di un fotografo d’inizio secolo avrà visto immagini che, stampate apparentemente nello stesso modo, hanno subito delle variazioni differenti e che alcune si sono meglio conservate di altre anche se custodite allo stesso modo.
Quindi un buon materiale trattato nel miglior modo possibile diventa un criterio di protezione del materiale stesso.
P.S. Il materiale fotografico positivo é composto, oltre che dallo strato sensibile anche dal supporto formato per la maggior parte dalla carta. I problemi di conservazione relativi alla carta sono anch’essi complessi. Non dovrebbero, in relazione a questo paragrafo, influire molto in quanto si parte dal presupposto che la carta usata dai produttori di carta fotografica sia di buona qualità. Altra cosa poi è la carta politenata. In questo caso é la politenatura che potrà dare problemi, ma non la qualità della carta utilizzata.
La manipolazione
La fotografia ha lo scopo principale di essere vista, osservata e manipolata da chi in qualche modo opera nel campo delle immagini visive. Amici, collaboratori, art directors, editori, corniciai, artigiani vari si trovano spesso a toccare la stampa fotografica senza quelle attenzioni necessarie.
Quando si afferra con le mani una stampa fotografica il primo gesto é quello di cercare di sostenerla con una sola mano e da un solo angolo. Questo modo errato causa nella maggior parte dei casi la cosiddetta “orecchietta” segno indelebile nella carta fotografica.
Molto spesso le dita vengono appoggiate sul fronte dell’immagine lasciando la propria impronta digitale. Questo, oltre ad essere un segno evidente, sarà causa di ossidazioni e macchie che rimarranno parte della fotografia.
Quando su una scrivania si lavora con fotografie e ci si trova a dover scrivere delle annotazioni, non sempre si pensa a togliere la fotografia da sotto il foglio di carta. La stampa avrà così dei segni fisici evidenti e poco simpatici.
Soffiare su una foto per togliere il granello di polvere potrà essere causa di un lascito di saliva certamente non necessario alla fotografia.
Cercare una stampa tra una mazzo di foto, senza la necessaria attenzione, significa graffiare, piegare, sporcare il materiale stesso.
Questi sono alcuni esempi di ciò che capita al materiale fotografico. Una maggior attenzione quindi nella manipolazione del materiale contribuisce a mantenere in buono stato le vostre stampe fotografiche.
Fattori ambientali
Abbiamo visto come manipolare in modo errato il materiale fotografico causi danni allo stesso. Capita però che anche lasciando ferme le nostre fotografie per parecchio tempo nel posto sbagliato queste si deteriorino e si danneggino in modo irreparabile. Questo dipende dal luogo nel quale vengono depositati o dall’oggetto che custodisce i materiali e dai fattori ambientali che possono arrivare a contatto con la fotografia.
I fattori ambientali che influiscono sulla conservazione del materiale fotografico sono: la luce, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria, il luogo ed il materiale d’archivio (scatole, armadi, l’ubicazione dell’archivio, il sistema di climatizzazione e la purezza dell’aria, ed in un eccesso di rigore, nell’ubicazione dello stabile dove viene custodito un archivio fotografico). E qui il discorso si fa complicato perché in effetti può essere sufficiente uno solo di questi fattori per causare danni, ma il peggio é che la somma e la complicità di tutti questi fattori é la causa dei maggiori danni al materiale fotografico e non.
La luce
E’ formata da onde elettromagnetiche paragonabili alle onde radio o televisive, ma di lunghezza d’onda più corta. Nello spettro della luce la lunghezza d’onda che va dei 400 ai 750 nm ( nanometro = unità di misura della luce) é visibile all’uomo. Le radiazioni con una lunghezza d’onda inferiore ai 400 nm sono chiamate Ultraviolette e provocano delle reazioni fotochimiche complesse. Radiazioni al di sopra dei 750 nm (infrarossi) provocano delle alterazioni della temperatura a favore di fenomeni di ossidazione.
Mi sento un poco in imbarazzo, scrivere sulla luce rivolgendomi ai fotografi che, si suppone conoscano a sufficienza questa materia. In ogni caso meglio ricordare che il materiale “fotografico” é materiale che reagisce alla luce anche dopo un completo trattamento chimico.
E’ più che naturale che la fotografia rimanga a diretto contatto della luce, almeno per poterla vedere, ma che questa rimanga esposta alla luce diretta del sole o ad una fonte luminosa molto forte per troppo tempo é causa di quelle reazioni fotochimiche di cui si parlava prima. In oltre la stampa fotografica é supportata dalla carta che se esposta alla luce si infragilisce e si deteriora.
La temperatura ed umidità relativa
Per poter mantenere in buone condizioni qualsiasi oggetto dalla fotografia, agli alimenti, ai mobili ed altro, sono necessarie temperatura ed umidità relativa ideali e costanti.
La percentuale di umidità relativa dell’aria indica la quantità di vapore acqueo che si trova nell’aria. Questo dipende dalla quantità di umidità assoluta dell’aria e dalla temperatura dell’ambiente. Con sbalzi di uno o dell’altro di questi due fattori ambientali si verificano dei mutamenti strutturali nel materiale che vogliamo conservare. La carta é un materiale che modifica la sua struttura, il volume e le dimensioni con umidità e temperatura differenti. Cambiamenti repentini di questi due valori sono pericolosi per la carta fotografica e di conseguenza per lo strato di emulsione sensibile, che potrà gonfiarsi con forte umidità dando la possibilità a altri fattori esterni di penetrare nella struttura del materiale ed insediarsi causando in seguito ossidazioni, possibili infiltramenti di spore portate dall’aria, con conseguente sviluppo di muffe, o indebolendo la struttura del materiale più vulnerabile ad eventuali attacchi di insetti. Nel caso, invece di una bassa umidità il volume del materiale potrà diminuire e causare delle crepe più o meno microscopiche dove potranno insediarsi sporcizia e/o agenti ossidanti che, con un ulteriore sbalzo di umidità, avranno un facile sviluppo. Come sopra accennato valori di temperatura ed umidità relativa costanti favoriscono una buona conservazione del materiale fotografico.
L’archivio ed i suoi materiali
Il contenitore deve avere le stesse qualità del contenuto.
Scatole e buste sono i materiali che si trovano a diretto contatto del materiale fotografico che vogliamo conservare. Queste devono avere determinate qualità al fine di non influire negativamente.
(immagine a pag 43 del libro “La conservation des photogrphies”) Scatole in cartone di pessima qualità fabbricate con pasta di legno non deacidificata, contenenti delle impurità (residui metallici provenienti dal processo di fabbricazione) potranno, in determinate condizioni ambientali, emanare dei vapori acidi che andranno ad intaccare il contenuto. Scatole fabbricate con materiali inadeguati (graffette in ferro, colle instabili) potranno contagiare il contenuto con ossidazioni (ruggine) o reazioni chimiche indesiderate della colla.
Non sempre i materiali che vengono venduti con la dicitura “per fotografia” sono idonei alla buona conservazione. Una maggiore attenzione alla qualità del materiale aiuta a mantenere più a lungo le vostre fotografie.
Le buste che contengono le stampe fotografiche od i negativi sono anch’esse importanti. Buste in plastica generica non sempre sono adeguate per una buona conservazione. Fino a poco tempo fa venivano vendute per la custodia di fotografie mappette plastiche fabbricate con PVC che, per il suo contenuto di cloro, sono chimicamente instabili e contribuiscono ad un più veloce deterioramento del contenuto. La cosiddetta carta pergamina (una velina semitrasparente resa lucida in superficie con un trattamento di ceratura) non é ritenuta, da molti restauratori di fotografie, idonea per la conservazione delle stampe in quanto la fabbricazione industriale non garantiva una buona qualità (senza acidi). Attualmente vengono commercializzate delle carte pergamine deacidificate.
Altro materiale che solitamente viene a contatto con le stampe positive sono i nastri adesivi e le colle. Anche questi materiali venduti “per fotografia” non sempre hanno le qualità necessarie.
I nastri adesivi contengono, nello strato adesivo, degli emollienti che evitano alla colla del nastro di seccarsi. Questi emollienti sono causa di attacchi alla carta della fotografia ed alla superficie sensibile e causano ingiallimenti, infragilimento della carta ed, a lungo andare, ossidazioni dell’immagine fotografica.
Costituire il proprio archivio con scatole e buste di qualità è già un altro buon passo. Evitare i materiali inadeguati ed una maggior attenzione nella scelta degli stessi contribuisce a prolungare la vita del prodotto del vostro lavoro.