1 02, 2022

Vestiges

2022-04-28T17:26:55+02:00

VESTIGES

VESTIGES

Jean-Marc Yersin

VESTIGES

Jean-Marc Yersin

apertura domenica 13 marzo 2022 h 11-17

VESTIGES - Jean-Mac YERSIN
prolungata fino al 12 maggio 2022

T +4191 6837949 galleria@consarc.ch

vedi orari di apertura

VESTIGES
Jean-Marc Yersin

apertura
domenica 13 marzo 2022 h 11-17
fino al 29 aprile 2022
in presenza dell’autore
Prolungata fino al
12 maggio 2022


ENTRATA LIBERA

Vestiges2022-04-28T17:26:55+02:00
29 12, 2021

ineden

2022-02-17T16:08:46+01:00

IN EDEN

IN EDEN

l'Africa di Alberto Bernardoni

IN EDEN

l'Africa di Alberto Bernardoni

apertura domenica 16 gennaio 2022 h 11-17

IN EDEN
l’Africa di Alberto Bernardoni

apertura
domenica 16 gennaio 2022 h 11-17
fino al 25 febbraio 2022


ENTRATA LIBERA
con Cert.Covid/GreenPass
e mascherina

ineden2022-02-17T16:08:46+01:00
30 11, 2021

InEden-p

2022-12-13T11:13:31+01:00

IN EDEN
l’Africa di Alberto Bernardoni

apertura domenica 16 gennaio 2022
ore 11-17
in presenza dell’autore

fino al 25 febbraio 2022

Catalogo della mostra
testo di Emma Nilsson IT/EN / DE

Photogravures in edizione limitata

ENTRATA LIBERA
con CertCovid/GreenPass
e mascherina

i fiumi e le sorgenti venivano consacrati, e le montagne sfioravano gli dei. Sicché la natura, gli animali e l’uomo, sgorgati da una sola energia creativa, si fondevano nell’epifania di una medesima realtà. Una simile intelligenza del mondo afferma: l’uomo e l’animale sono prossimi.”     Emma Nilsson, da Si incrociano gli sguardi, 2021
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Queste parole di Emma Nilsson bene introducono le immagini di Alberto Bernardoni, eclettico animalista ed esteta impenitente, catturate durante molti viaggi, dal 1969 in poi sull’arco di una trentina d’anni, durante i quali ha percorso, spesso avventurosamente, gran parte dell’Africa. Un’Africa oggi onirica, i vasti spazi liberi ancora vissuti da Bernardoni non ci sono più, ridotti come sono al rango delle riserve che a fine Ottocento videro l’estinzione del maestoso bisonte americano.

Nelle sue immagini in bianconero Bernardoni sovente ricerca l’empatia, forse il dialogo primordiale fra specie di uguale dignità, riecheggiano le parole di James Hillman
“….l’animale come teofania, il racconto come mistero…”
Sicché talvolta gli animali lo fissano con serena calma, non di rado sembrano disporsi in posa, lui si sente ospite e col tempo intuisce le loro consuetudini, i loro codici immanenti.
Mentre tutt’intorno il continente si degrada. Incombe, sorretto da forze invincibili e dalla corruzione dilagante, lo scempio ecologico. Non più le miniere di Re Salomone ma la caccia a silicio, cerio, berillio e carbonite. L’Africa viene sacrificata ai semiconduttori. L’Eden chiude i battenti.

Scimpanzé, gorilla e orangutan hanno vissuto nella foresta per centinaia di migliaia di anni, formando comunità complesse, mai sovrappopolando, mai distruggendo il loro habitat, direi che a modo loro hanno avuto più successo di noi nel vivere in armonia con l’ambiente.
Dame
Jane Goodall, CBE, Interview 2019 WP

Lionesses in the Haze, The Sealous – 1989
© Alberto Bernardoni dalla serie In Eden – 2021
Stampa ai pigmenti di carbone cm 69×53 Edition 1/7
Egretta Alba, Moremi Okavango – 1991
© Alberto Bernardoni dalla serie In Eden – 2021
Stampa ai pigmenti di carbone cm 79 ×112 Edition 1/7

Lion, The Sealous – 1989
© Alberto Bernardoni dalla serie In Eden – 2021
Stampa ai pigmenti di carbone cm 53 ×69 Edition 1/7
Kudu, Kidepo Valley – 1996
© Alberto Bernardoni dalla serie In Eden – 2021
Stampa ai pigmenti di carbone cm 69×53 Edition 1/7

Si incrociano gli sguardi.
Emma Nilsson – 2021

Gli animali ti guardano. Vedi l’elegante gazzella mentre volge su di te il suo sguardo sereno, il rinoceronte che ti affronta risoluto, poi vieni sfiorato dagli occhi pacifici dello gnu, e infine la giraffa, la giraffa che ogni cosa sovrasta…. Vieni sì ignorato da un primate pensieroso, ma poi ti accompagnano lo sguardo meravigliato del ghepardo e l’espressione stranamente pacata di un leone. E ancora, una leonessa, sembra affabile, ti scruta con vera curiosità, ma rieccola più avanti, tesa in agguato, minacciosa, imponente.

Molte fra le fotografie in bianco e nero di Alberto Bernardoni, scattate sulla distanza della trentina d’anni durante i quali ha percorso in lungo e in largo il continente africano, si pongono come se l’animale avvertisse coscientemente la fotocamera, addirittura si mettesse in posa. Sebbene evanescente sullo sfondo, il paesaggio circostante accentua le forme e le tonalità del soggetto, talvolta invece sembra ridisegnarne il contorno. Chi sta camuffando chi, ci si chiede… per contro, in altre fotografie il paesaggio è segnato da forti contrasti, quasi si volesse trasmutare nella quinta di uno studio fotografico, e l’animale stesso in mero profilo. Sempre, in ogni contingenza, vale: all’animale ritratto appartiene l’intero quadro.

Sebbene queste fotografie ci inducano ad antropomorfizzare le fiere ritratte seguendo soltanto i nostri desideri e pregiudizi, altra cosa ci tramandano le culture della spiritualità africana, che tutti gli animali albergano un’anima. Vi erano – forse vi sono – anime buone e malvagie, anime sacre e profane. Pure i fiumi e le loro sorgenti venivano consacrati, e le montagne sfioravano gli dei. Sicché la natura, gli animali e l’uomo, sgorgati da un’unica energia creativa, si fondevano nell’epifania di una medesima realtà. Una simile intelligenza del mondo afferma: l’uomo e l’animale sono prossimi.

Sappiamo fin troppo bene quel che poi accadde. L’uomo si incoronò re, creò sudditi e schiavi, l’animale non venne più ucciso per mantenere la natura in equilibrio, bensì dal suo prossimo come dalla natura stessa l’uomo trasse, e tuttora trae, vantaggio e profitto, venendo meno a un patto primigenio. E a tutt’oggi ancora non sono spente le braci della storia coloniale.

Per contro l’Eden, l’incanto del giardino ideale, del luogo perfetto e compiuto… Forse questo stimolante filo conduttore percorre l’intera evoluzione dell’uomo. É da quando la paleoantropologia, a sua volta, affonda in Africa le radici dell’homo sapiens e della cultura, che nell’immaginario si fa strada la chimera di un vasto e quasi intonso continente quale Giardino dell’Eden. L’elezione del giardino terrestre. Un hortus dentro il quale purezza e bellezza si incontrano, dell’intuizione del sublime, della sottomissione del corpo alla potente forza del primordio. Vita e morte perennemente intrecciate.

L’armonia, il selvaggio, il pericolo, la bellezza, il godimento, la varietà, l’alterità… L’erranza alla ricerca dell’Altro significa sempre avventurarsi verso la promessa dell’ignoto, e sempre si nutre dell’eterna ambivalenza del conoscere e dell’occultare.

Il fotografo Peter Beard, un amico di Alberto Bernardoni, trascorse gran parte della sua vita in Africa, e ci ha lasciato immagini inconfondibili di quel mondo. In un passaggio di Zara’s Tales, un libro scritto in dono all’allora piccola figlia Zara, così commenta la tensione incombente fra proiezione e realtà dell’Altro “nothing out of the ordinary happens. It’s just Africa, after all.”[1] Tutto quanto appare inconsueto a chi approda da altri mondi, in Africa è semplice quotidianità.

Eden – in questo libro rimanda comunque un ric#_ftn1rdo. Quello dei numerosi itinerari di Alberto Bernardoni attraverso la vastità del continente, con il suo sguardo speciale su una natura forse ideale, ma che incontrovertibilmente rappresenta il suo mondo ‘altro’, popolato dai suoi animali selvaggi. I quali ricambiano lo sguardo.

Ma cosa ha luogo esattamente in questo magico istante che la fotocamera raggela e proietta verso una sua eternità? Come persi nella spirale di un gioco di specchi vediamo l’Altro mentre questi ci osserva, ma pure noi stessi mentre assistiamo all’incontro.

Forse l’ineffabile sta giustamente in quell’inversione di sguardi, nella possibilità che ci è data, nell’attimo fuggente, di scovare e intuire il mondo di quell’Altro, tanto diverso dal nostro. O invece risiede nel turbamento che ci assale mentre veniamo scrutati da quel nostro prossimo? Cosa vedrà mai in noi, aldilà della possibile preda o di un pericolo? Cosa sa di noi l’Altro, mentre ci guarda? Indovina un’affinità, un’anima? L’immagine specchiata può scatenare proprio questo tanto esaltante quanto irrisolvibile momento di confronto, o meglio di contatto, con noi stessi. Forse, chissà, il paradisiaco consiste nell’essenza stessa del ricordo di quegli incontri ravvicinati con lo straordinario quotidiano. Rimane pertanto una certezza: in qualsivoglia modo lo si colga, lo scambio di sguardi con il nostro prossimo, l’animale, ci manifesta un’evidenza fondamentale. Nelle parole di Jacques Derrida : “L’animale si confronta, ci osserva. Davanti a lui siamo nudi. E lì, forse, inizia il pensiero.”[2]

[1] Peter Beard: Zara’s Tales. Perilous Escapades in Equatorial Africa, New York 2004
[2] Jacques Derrida: L’animale che dunque sono, Milano 2014 (Originale: L’animal que donc je suis, Paris 1999)


Exchanging glances.
Emma Nilsson – 2021

Animals look at you. You see yourself being watched by the serene glimpse of an elegant gazelle, how a rhinoceros turns to you briskly, the unhurried glance a gnu touches you, and again, the peaceful giraffe, from her height surveying the entire savannah… you are almost ignored by a brooding chimp, but instead you meet the amazed glimpse of a cheetah, and a lion’s strangely benevolent demeanour. And yet, there’s a lioness, she seems friendly, scrutinising you with true curiosity, but then you meet her again, tense in ambush, always imposing and majestic.

Many among Alberto Bernardoni’s black and white photographs, taken over a span of almost 30 years during which he travelled widely across the African continent, appear as if the animal were consciously aware of the camera and virtually posed in front of it. The surrounding landscape often recedes into the background and is rather able to pick up on the numerous nuances of the animal’s grey tones or even to continue the drawing of the fur beyond the animal. Who is disguising whom, we may ask. In other photographs, the sharp contrast of the landscape virtually turns it into a background canvas in a photo studio and the animal itself into a silhouette. Always, in every circumstance, the entire picture belongs to the portrayed animal.

As much as these pictures tempt us to anthropomorphise the wild beasts according to our wishes and desires, the traditional cultures of African spiritualities convey us that all animals harbour a soul. There were – maybe there are – good souls and evil souls, sacred as well as profane souls. The rivers and their sources were also consecrated, and mountains were nearly brushing gods. Thus nature, animal and man, gushed from a sole creative energy, were melted together in the epiphany of a same reality. This intelligence of the world promises: man and animal are neighbours.

We know only too well what happened in the aftermath. Man raised himself to be king and created subjects as well as slaves, animals were no more killed in order to maintain nature’s balance, but profit was taken from the neighbour as well as from nature. And to this day, colonialism’ ashes are still glowing.

By contrast Eden – man’s sweet dream of a wonderful and fulfilling paradise…. Perhaps this tantalizing thread spins through the entire evolution of mankind. Since paleoanthropology, in turn, assumes that the origins of Homo Sapiens and the origins of culture lie on the African continent, the image of the vast and little touched continent as the Garden of Eden develops. An ideal in which something pure as well as beauty can be experienced. An ideal in which the sublime can be glimpsed and the effect of the violence of the primordial can take hold of one’s own body. Life and death forever entangled.

The harmony, the wild, the danger, the beauty, the pleasure, the diversity, the foreign – the other. The quest for the Other is always a search for or even a promise of the unusual, nourished by the ever recurrent ambivalence of awareness and concealment.

In his book Zara’s Tales, a gift to his daughter Zara, the photographer Peter Beard (a friend of Alberto Bernardoni) who has spent a large part of his life in Africa and has left unmistakable photographs of the world there, comments on precisely this tension between projection and reality of the Other, “nothing out of the ordinary happens. It’s just Africa, after all”[1]. Everything that seems so uncommon to foreigners, is simply ordinary in Africa.

Eden – in this book it complies with a memory. The memory of Alberto Bernardoni’s numerous journeys across the large continent, with his special gaze on a possibly ideal nature, but nevertheless in that ‘other’ world with its amazing and wild animals. And: the animals look back.

What exactly happens in this magical instant, frozen by the camera and propelled to its own eternity? As if lost in a game of mirrors, we see the Other while he looks at us, and we look at ourselves as we look at this encounter.

Perhaps the paradisiacal lies precisely in this exchange of glances, in the possibility of catching a glimpse of the world of the so Other for a brief moment. But perhaps the paradisiacal also lies in the turmoil overwhelming us when we are observed by our via-à-vis? For what does he perceive in us, beyond danger or a possible prey? A soul? What does the Other know about us while observing us? About a good soul? The explosion of self-reflection may trigger precisely this exciting and certainly never to be resolved moment of confrontation or rather contact with oneself. But perhaps the paradisiacal also lies in the memory itself of those encounters with the extraordinary ordinary. However we understand and respond to it for ourselves, the exchange of glances with our neighbour, the animal, can open up something very fundamental. In Jacques Derrida’s words: “The animal approaches us, he observes us. In front of him, we stand naked. And there, possibly, thinking begins.”[2]

[1] Peter Beard: Zara’s Tales. Perilous Escapades in Equatorial Africa, New York 2004
[2] Jacques Derrida: The Animal That Therefore I Am, New York 2008 (Original: L’animal que donc je suis, Paris 1999)


Blicke tauschen.
Zu Alberto Bernardonis Fotografien
Emma Nilsson – 2021

Tiere blicken Dich an. Du siehst, wie Du mit dem ruhigen Blick einer eleganten Gazelle betrachtet wirst, wie ein Nashorn sich Dir forsch zuwendet, der gemächliche Blick eines Gnus Dich streift, dann die friedliche und alles überblickende Giraffe… Du wirst zwar ignoriert von einem sinnierenden Affen, aber dafür begegnet Dir der durchaus verwunderte Ausdruck eines Geparden und der erstaunlich gelassene Blick eines Löwen. Eine Löwin wiederum schaut höchst aufmerksam doch freundlich und ein anderes Mal drohend lauernd, stets imposant und mächtig.

Viele dieser schwarz-weiss Fotografien von Alberto Bernardoni, die in einer Zeitspanne von gut 30 Jahren entstanden sind, in der er durch den gesamten afrikanischen Kontinent gereist ist, wirken so, als würde das Tier die Kamera bewusst wahrnehmen und geradezu vor ihr posieren. Die umgebende Landschaft tritt dabei gänzlich in den Hintergrund und vermag eher die zahlreichen Nuancen der Grautöne des Tieres aufzugreifen oder sogar die Zeichnung des Felles über das Tier hinaus fortzusetzen. Wer camoufliert hier eigentlich wen? In anderen Fotografien wird die Landschaft durch ihre scharfe Kontrastierung quasi zur Hintergrundleinwand in einem Fotostudio und das Tier selber zur Silhouette. In jedem Falle gilt – dem porträtierten Tier gehört das ganze Bild.

So sehr diese Fotografien uns also dazu verführen, die verschiedenen wilden Tiere nach unseren Wünschen und Bedürfnissen zu anthropomorphisieren, so sehr wusste man in den traditionellen Kulturen Afrikas, dass allen Tieren Seelen inne wohnen. Es gab (bzw. gibt sie noch) gute und böse Seelen, heilige wie profane. Die Flüsse und deren Quellen wurden ebenso als heilig angesehen, und die Berge waren im Stande die Götter zu berühren. Die Natur, das Tier, der Mensch entstammten der selben Realität, unterlagen der selben schöpferischen Energie. Ein solches Verständnis der Welt verspricht: Mensch und Tier sind Nachbarn.

Wir alle wissen, was dann geschah. Der Mensch erhob sich selbst zum König und schuf Untertanen sowie Sklaven, das Tier wurde nicht mehr getötet, um eine Balance in der Natur zu erhalten, sondern aus dem Nachbarn wurde Profit geschlagen wie auch aus der Natur. Und die Auswirkungen der Kolonialgeschichte brodeln noch heute.

Dagegen Eden – der süsse Traum des Menschen von einem wundervollen und erfüllenden Paradies… Vielleicht spinnt sich dieser verlockende Faden durch die gesamte Entwicklung der Menschheit. Seit die Paläoanthropologie wiederum davon ausgeht, dass die Ursprünge des Homo Sapiens und die Ursprünge der Kultur auf dem afrikanischen Kontinent liegen, entwickelt sich das Bild des weiten und wenig berührten Kontinents als Garten Eden. Einem Ideal, in dem etwas Pures sowie Schönheit erfahrbar sind. Einem Ideal, in dem das Erhabene erahnt werden und die Wirkung der Gewaltigkeit des Ursprünglichen den eigenen Körper ergreifen kann. Leben und Tod dabei einander immer sehr nah.

Die Harmonie, das Wilde, die Gefahr, die Schönheit, der Genuss, die Vielfalt, das Fremde – das Andere. Die Suche nach dem Anderen ist immer auch eine Suche nach oder sogar ein Sich-Versprechen von dem Ungewöhnlichen. Sie lebt von der faszinierenden und immer wiederkehrenden Ambivalenz von Erkennen und im Verborgenen Bleibenden.

Der mit Alberto Bernardoni befreundete Fotograf Peter Beard, der einen Grossteil seines Lebens in Afrika verbracht und unverwechselbare Fotografien der dortigen Welt überlassen hat, kommentiert in seinem Buch Zara’s Tales, ein Geschenk an seine Tochter Zara, eben jene Spannung zwischen Projektion und Realität des ‘Anderen’, “(…) nothing out of the ordinary happens. It’s just Africa after all”[1]. All das für den von aussen Kommenden Ungewöhnliche ist in Afrika schlicht gewöhnlich.

Eden – in diesem Buch entspricht es wiederum auch einer Erinnerung. Eine Erinnerung an die zahlreichen Reisen von Alberto Bernardoni durch den weiten Kontinent mit seinem besonderen Blick auf eine vielleicht ideale Natur, auf jeden Fall in jene ‘andere’ Welt mit ihren wunderbaren und wilden Tieren. Und: die Tiere blicken zurück.

Was genau geschieht in diesem magischen Augenblick, der mit Hilfe der Fotografie festgehalten und aufs Ewigliche verlängert wird? Wir betrachten die ‘Anderen’, die ‘Anderen’ betrachten uns und wir blicken uns selber dabei an, wie wir diese Begegnung anschauen.

Vielleicht liegt das Paradiesische genau in diesem Blickaustausch, in der Möglichkeit für einen kurzen Augenblick die Welt des so Anderen zu erhaschen und zu erahnen. Vielleicht liegt das Paradiesische aber auch in der Erschütterung, von jenem Gegenüber betrachtet zu werden. Denn was sieht es in uns jenseits von Beute oder Gefahr. Eine Seele? Was weiss der ‘Andere’ über uns, in dem er uns ansieht. Um eine gute Seele? Die Explosion der Selbstreflexion mag genau diesen aufregenden und sicherlich nie aufzulösenden Moment der Konfrontation oder eher Berührung mit sich selbst auszulösen. Vielleicht liegt das Paradiesische aber auch in der Erinnerung selber an jene Begegnungen mit dem aussergewöhnlichen Gewöhnlichen. Wie auch immer wir es für uns jeweils verstehen und beantworten, der Blickaustausch mit unserem Nachbarn, dem Tier, vermag etwas sehr Grundsätzliches zu eröffnen. In Jacques Derridas Worten: “Das Tier geht uns an, es beobachtet uns, und vor ihm sind wir nackt. Und vielleicht beginnt dort das Denken.”[2]

[1] Peter Beard: Zara’s Tales. Perilous Escapades in Equatorial Africa, New York 2004
[2] Jacques Derrida: The Animal That Therefore I Am, New York 2008 (Original: L’animal que donc je suis, Paris 1999)

InEden-p2022-12-13T11:13:31+01:00
5 11, 2021

CristofKlute-OPD

2022-12-02T17:28:31+01:00


Untitled (HANSA A)
Berlin 2007 (Oskar Niemeyer) – Ed 2/5
CPrint on diasec cm 60×70

Untitled (HANSA A) – II
Berlin 2007 (Oskar Niemeyer) – Ed 2/5
C-print on diasec cm 60×70

Untitled (Novo Comum), Como 2008  i-II-III
(Giuseppe Terragni)  –  ed  3/5
LaserPrint on Diasec 3 x cm 90×60
SOLD

Untitled (Bella Vista), I-II-III
Copenhagen, 2010 (Arne Jacobsen)   ed 3/5
Trittico  C-Print on diasec  3 x cm 90×60

Untitled (Onkel Tom Hütte) – III
Berlin 2010 (Bruno Taut)
C-print on Diasec cm 90×60

Untitled (Onkel Tom Hütte)  I- XII
Berlin 2010 (Bruno Taut)
C-print on Diasec 12 x cm 90×60

White City Houses B I, Tel Aviv 2012
ed 2/5
CPrint wood framed  cm 60×43

White City Houses B I-V, Tel Aviv 2012
ed 2/5
CPrint wood framed  cm 60×43


CristofKlute-OPD2022-12-02T17:28:31+01:00
13 02, 2020

maxhuber

2022-02-26T10:53:25+01:00

Max HUBER (CH 1919-1992)

RENDEZ-VOUS, Arles 2019
01 07 2019 – 07 07 2019

FOTOGRAFIE
20 11 2015 – 24 01 2016

Portfolio 2015

FOTOGRAFIE
28 6 1990 – 30 8 1990

Biografia
Max Huber nasce a Baar (Svizzera) nel 1919 dove frequenta le scuole elementari e medie.
Nel 1935, dopo il ginnasio, si iscrive alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, nel corso preparatorio segue l’insegnamento di Ernst Gubler, Heiri Müller, Walter Roshardt e Alfred Willimann. Conosce Werner Bischof, Carlo Vivarelli, Hans Falk e Hans Finsler.
Apprendista grafico nello studio Althaus a Zurigo conosce Emil Schulthess e Gérard Miedinger. Nel 1939 è collaboratore di Emil Schulthess nello stabilimento grafico Conzett&Huber e incontra per la prima volta Max Bill e Hans Neuburg.
Nel 1940 viene chiamato da Antonio Boggeri a Milano per dirigere la sezione grafica dello «Studio Boggeri». Conosce Bruno Munari, Muratore, Albini, Palanti, Pintori, Carboni, Steinberg, Banfi, Belgioioso, Peressutti, Bruno Stefani, Luigi Veronesi, Rogers, Albe Steiner. Frequenta corsi all’Accademia di Brera, dipinge e esegue fotografie sperimentali.
Torna a Zurigo nel 1941 e lavora con Shulthess alla rivista Du collaborando con Werner Bischof. Diventa direttore grafico all’Artemis Verlage e frequenta corsi serali alla Kunstgewerbeschule con Roshardt e Willimann. Espone con Max Bill, Leo Leuppi, Hansegger, Lohse, Hintereiter, Hans Arp, Sophie Taeuber-Arp e Verena Löwensberg nelle mostre di Allianz, Vereinigung moderner Schweizer Künstler.
Nell’ottobre 1945, dopo la guerra, ritorna a lavorare per lo Studio Boggeri a Milano.
Con Albe Steiner realizza il progetto grafico per la Triennale di Milano nel 1947 e insieme conoscono Giulio Einaudi, Elio Vittorini, Franco Fortini.
Giulio Einaudi lo incarica per tutta la grafica della casa editrice. Progetta la prima immagine coordinata per la società Braendli. Nello stesso anno organizza con Max Bill e Lanfranco Bombelli Tiravanti la mostra «Arte astratta e concreta».
Nel 1948 conosce Ferdinando Ballo e Roberto Leydi con i quali esegue programmi per concerti e varie grafiche per il jazz.
Nello stesso anno inizia la collaborazione con i tre fratelli Castiglioni con i quali negli anni successivi collaborerà come grafico per allestimenti di mostre e progettazioni di manifesti. Con loro curerà la grafica degli allestimenti RAI, ENI e Montecatini.
Insegna alla Scuola Rinascita.
Nel 1950 l’architetto Carlo Pagani gli chiede di studiare il nuovo marchio e logo per la Rinascente e ne diventa direttore artistico per la pubblicità.
Partecipa ed è membro del Movimento Arte Concreta con Mombelli, Dorfles, Mazzon, Monnet, Munari, Soldati e Veronesi.
Nel 1954 vince il premio Compasso d’Oro per il disegno di un tessuto.
Dal 1959 al 1962 è docente di grafica con Heinz Waibl alla Scuola Umanitaria a Milano e negli anni 70 alla Scuola Politecnica di Design sempre a Milano.
Dal 1960 inizia una stretta collaborazione con le grafiche Nava e disegna per loro una vasta serie di stampati.
Nel 1960 espone i suoi lavori grafici a Tokyo con Bruno Munari e altri designers. Conosce designers e architetti giapponesi come Hara, Yamashiro, Kono, Katsumie, Yanagi, Sugiura, Mukai, Krenzo Tange Hosoya, Katayama, Tanaka e altri.
Si trasferisce in Ticino con Aoi Kono ma lavora a Milano e a casa rimanendo in stretto contatto con gli amici milanesi.
Espone nel 1961 e 1962 alle mostre dell’Alliance Graphique Internationale a Milano e Amsterdam, nel 1964 alla Dokumenta di Kassel e nel 1965 alla Matsuya Design Gallery a Tokyo. Partecipa alla Biennale International d’affiche a Varsavia negli anni 1966, 1968, 1970 e alla Biennale des Arts Graphiques a Brno. Nel 1968 vince il primo premio insieme agli architetti Achille, Pier Giacomo Castiglioni e Luciano Damiani.
Collabora con Fritz Keller e Urs Bachmann per l’allestimento della mostra «Magie des Papiers» al Kunstgewerbemuseum di Zurigo, per il progetto della mostra «Swiss Design» e più avanti per la mostra «Aspetti della Svizzera» organizzata da Pro Helvetia.
Torna in Giappone per lavorare alla Expo di Osaka del 1970 per il padiglione OECD.
Dal 1978 al 1984 insegna grafica al CSIA, Centro scolastico industrie artistiche di Lugano.
Nel dicembre del 1982 la galleria FotografiaOltre espone per la prima volta le fotografie di Max Huber.
Il Comune di Chiasso gli dedica una restrospettiva alla Sala Diego Chiesa dal 15 giugno al 29 luglio 1990.
In contemporanea la galleria Cons Arc espone una serie di fotografie di Max Huber in occasione dell’inaugurazione del nuovo spazio aperto a Chiasso.
Max muore a Mendrisio, Svizzera, il 16 novembre del 1992.
Nel novembre del 2005 Aoi Huber Kono inaugura il m.a.x.museo a Chiasso.
maxhuber2022-02-26T10:53:25+01:00
13 02, 2020

JMYersin

2022-04-06T16:55:02+02:00

 

Jean-Marc YERSIN (CH-1956)

POINT DE VUE
Seminario/workshop

Sabato 30 aprile 2022
Sabato  7 maggio 2022

Vestiges
13 03 2022  –  29 04 2022

OnPhotography 3
Unusual Landscapes
OnArte, Minusio
27.10.2018 – 1.12.2018

Rendez-vous a Arles 2018
CRISE
Les carnet d’un autre temps nr 1 – 2016
Voies Off 2018
02 07 2018 – 08 07 2018

CRISE
Les carnets d’un autre temps no 1
11.03.2018 – 28.04.2018

www.jean-marc-yersin.ch

Biografia

Jean-Marc Yersin, dopo un apprendistato in uno studio di pubblicità esercita la sua professione di fotografo nei campi più diversi. Nel 1981, nel corso di un lungo viaggio negli USA, realizza un lavoro consacrato al ruolo dell’individuo nella città dal titolo “Downtown”.
Nel 1991, insieme alla moglie Pascale, archeologa, subentra nella direzione del Musée Suisse de l’appareil de photographie a Vevey e la coppia è tra i fondatori del Festival Images.
Dopo lo sviluppo e l’ampliamento completo del Museo ultimati nel 2012, Jean-Marc Yersin riprende progressivamente i personali progetti fotografici ai quali si dedica più liberamente dopo il suo pensionamento nel 2018.
Attraverso le sue immagini si interroga sul modo in cui in futuro, dai posteri, potranno essere interpretate le nostre Vestiges. Da questo suo interrogarsi nasce il desiderio di elaborare una sorta di atlante di questi luoghi in divenire, che pubblica sotto forma di libri d’artista, “Les Carnets d’un autre temps”, già arrivati al terzo volume. Queste pubblicazioni sono poi diventate mostre e proiezioni in Svizzera e in Francia.
Jean-Marc Yersin disegna e realizza personalmente tutti i suoi progetti, attribuendo grande importanza alla matericità delle sue stampe, all’impaginazione delle pubblicazioni e all’allestimento delle mostre.
Ispirato dalla vicinanza rinnovata della tecnica di stampa al carbone con quella del mondo dell’incisione, ha allestito un laboratorio dove sviluppa un proprio stile di bianco e nero facendo uso di un inchiostro molto profondo, anche nei grandi formati.

MOSTRE
1991                          Le château de Prangins
                                  Témoins par l’image, Musées de Nyon et Galerie Focale
2017                          Crise1er volume des Carnets d’un autre temps
                                  4èmeJardin de la photographie, Bremblens (exposition collective)
2018                          Crise1er volume des Carnets d’un autre temps  Cons Arc Galleria, Chiasso
                                  La ligne 2ème volume des Carnets d’un autre temps Ferrari Art Gallery, Vevey – Festival Images
                                  Fake City OnPhotography no 3, OnArte, Minusio (collettiva)
2019                          Les lignes Martin Becka & Jean-Marc Yersin Galerie Parallax, Aix-en-Provence
                                  Crise et La ligne Les Carnets d’un autre temps no 1 et 2  Galerie 94, Baden
                                  La ligne 2ème volume des Carnets d’un autre temps Arles 2019 – Voie Off
                                  Les carnets d’un autre temps Galerie Images de marque, Genève
2020                          La Ligne (proiezione), Musée des Beaux-Arts, Nuit de la Photo, La Chaux-de-Fonds
                                  Non-Gasoline Stations (collettiva)
                                  Limonaia di Villa Saroli – Istituto Internazionale di Architettura, e Spazio Choisi, Lugano
                                  Crise 1er volume des Carnets d’un autre temps
                                  Galerie Lumière d’encre, mois de la photo, Céret
                                  Post Petra Oleum Photo-Basel virtual édition (collettiva)
2021                          Post Petra Oleum (projection),Festival Présence(s) photographie, Montélimar
                                  Vestiges 3ème volume des Carnets d’un autre temps
                                  Musée suisse de l’appareil photographique, Vevey
                                  Fake-City Bi12, Biennale dell’immagine, Chiasso
2022                          Fake-Word Sébastien Pageot & Jean-Marc Yersin (exposition collective) Galerie Parallax, Aix-en-Provence
                                  Vestiges 3ème volume des Carnets d’un autre temps  Cons Arc Galleria, Chiasso

                                  Béton Bernard Dubuis & Jean-Marc Yersin (collettiva) Kunz Verein OberWallis,
                                  Galerie zur Schützenlaube, Viège

Pubblicazioni
Les carnets d’un autre temps :
No 1 Crise, 2017

No 2 La Ligne, 2018
No 3 Vestiges, 2021
No 4 Post Petra Oleum (in preparazione)

I lavori di Jean-Marc Yersin sono presenti nelle collezioni
Musée national suisse et Musées di Nyon
Fondazione Rolla, Bruzella (CH)
Musée des Beaux-Arts, la Chaux-de-Fonds
Artphilein de Pietri Foundation, Lugano (CH)
Association du Festival Présence(s) photographie, Montélimar
Musée suisse de l’appareil photographique, Vevey

JMYersin2022-04-06T16:55:02+02:00
10 01, 2020

SUGGERIMENTI

2024-08-06T14:57:30+02:00

In questa pagina trovate qualche suggerimento per chi (privati, istituzioni e ovviamente fotografi-autori)
intende collezionare o per qualche altro motivo acquistare e/o vendere fotografie.

Autori che volessero presentare i loro lavori alla galleria per una eventuale collaborazione, trovano
le indicazioni necessarie al seguente collegamento:   Presentazione Lavori

© di Guido Giudici, marzo 2000/2011
I testi sotto riportati sono frutto di esperienza decennale.
Non sono testi poetici, letterari o scientifici, ma non mi dispiacerebbe se, chi li utilizzasse, me lo facesse sapere.

.Il supporto

Naturalmente il supporto delle vostre future opere é di importanza fondamentale. In fotografia la cosa é abbastanza complicata perché sia per l’industria (costantemente alla ricerca di prodotti da vendere e gli ultimi sono “sempre” i migliori) sia per i fotografi (costantemente alla ricerca di buoni prodotti che non sempre corrispondono alle novità che propone l’industria) le cose cambiano spesso.
Gli ultimi si danno la pena di soddisfare le richieste dei collezionisti che quando si tratta di pagare cifre importanti, pretendono giustamente che l’oggetto in questione duri nel tempo. Una vera e propria garanzia di qualità é difficile ottenerla soprattutto per le novità tecniche del mercato.
Piuttosto si ritorna all’utilizzo di tecniche di stampa d’epoca che hanno oramai avuto il certificato di durata dal tempo della loro vita. Materiali storici come il dagherrotipo, le stampe all’albumina, al collodio, al carbone, al platino e molte altre tecniche di stampa sono oggi conosciute e si sa quanto possono durare nel tempo a determinate condizioni di conservazione.
Di queste alcune sono riprese oggi da alcuni autori che per valorizzare il loro lavoro offrono ai loro clienti stampe di qualità.
Attualmente le tecniche più utilizzate dagli autori contemporanei sono:
Stampa analogica
– per il Bianco Nero la stampa ai sali d’argento su carta baritata (e non politenata) preferibilmente con un viraggio protettivo al selenio o, più raramente, la stampa al platino (platinotipia e non il semplice viraggio al platino). Ultimamente date le dimensioni delle opere si tende a montare le stampe su alluminio a altro supporto rigido per evitare ondulazioni nel caso di cambiamenti di umidità. Per questo motivo la carta baritata é di difficile manipolazione e gli adesivi industriali utilizzati per l’incollatura non garantiscono la durata nel tempo. Si preferisce dunque stampare i positivi su carta politenata che, anche se non rende la qualità fotografica della carta baritata, garantisce una maggiore resistenza all’instabilità degli adesivi industriali utilizzati per il montaggio.
– per il colore la stampa RC colore (o C Print) che, anche se migliorata nella durata di quello che era qualche anno fa, rimane sempre molto debole se esposta alla luce e senza accorgimenti (quali vetri con filtri contro i raggi ultravioletti o montate con vetri acrilici speciali che proteggono dai raggi UVA- vedi pagina vetri speciali) é comunque a rischio di indebolimento del colore. Altra tecnica, utilizzata meno frequentemente per i gli alti costi, é la stampa su carta Cibachrome che garantisce una buona durata dei colori per almeno 100 anni (così come dichiarato dalla casa produttrice).
Stampa digitale
– con l’avvento del digitale da qualche anno ci sono a disposizione tecniche di stampa che permettono la produzione di stampe di grandi dimensioni. Per queste tecniche non é necessario l’utilizzo dell’acqua e per questo motivo si realizzano stampe di grandi dimensioni che non hanno il problema di rimanere piane.
La stampa a getto di inchiostro (Inkjet Print, Gicléé print o altro) é la più utilizzata perché permette di realizzare le stampe di grandi dimensioni con un’alta definizione (naturalemente a dipendenza della qualità di origine dello scatto – analogico o digitale).
In questo caso la scelta della carta sul quale stampare le proprie immagini, ha molta importanza ed il mercato offre molte buone possibilità per realizzare al meglio i propri progetti.
Le stampe contemporanee devono essere impeccabili e senza difetti. Il difetto più frequente é “l’orecchietta” che é causato da una errata manipolazione della stampa, che cede se si pretende di sostenerla con una sola mano. L’”orecchietta” é indelebile e nella visione della stampa diventa un elemento di disturbo. Così come graffi, incisioni per scritte sul retro troppo pesanti, ed altro diminuiscono il valore della stampa.
Per le stampa “vintage” (stampa che l’autore ha eseguito nello stesso periodo dello scatto) le cose cambiano e le caratteristiche tecniche devono essere valutate con perizia di volta in volta. Diversi sono i periodi storici dalla nascita della fotografia dove un materiale é stato utilizzato più di altri e valutare la qualità di ciò che ci si trova dinnanzi non é sempre facile. Solo alcuni esperti riescono con l’aiuto di attrezzature adeguate e molta esperienza a riconoscere esattamente certe tecniche di stampa.

Annotazioni sul retro della stampa

Qui di seguito trovate i dati che secondo noi dovrebbero figurare direttamente sul retro della stampa con lo stesso ordine come elencati. Se in seguito l’opera viene incorniciata, gli stessi dati potrebbero essere riportati sul cartoncino nel retro della cornice
– titolo
– luogo
– codice di riferimento dell’archivio dell’autore
– anno di realizzazione
– anno di stampa
– edizione/numerazione
– firma dell’autore
(ev. nome in stampatello)
Il titolo
Non sempre i fotografi danno un titolo alle loro opere per evitare, secondo alcuni concetti attuali delle arti visive, di dare indicazioni o suggerimenti riguardo quanto l’opera deve comunicare unicamente con la sua immagine.
Chi definisce un titolo, dà una indicazione in più e condiziona la visione dell’opera stessa. Naturalmente per certe immagini non é pregnante avere o non avere un titolo.
Sarebbe opportuno mettere l’indicazione “Senza Titolo” .
Il luogo
Non determinante, ma utile per riconoscere i luoghi nel caso di opere di paesaggio o architettura.
Codice di riferimento dell’archivio dell’autore
Nel caso di scatti differenti dello stesso soggetto, alcuni autori riportano sul retro della stampa, il codice di riferimento per riconoscere il negativo dal quale é stata stampata l’opera positiva.
L’anno di realizzazione (scatto)
Sapere quando un autore ha realizzato la sua opera é molto importante per contestualizzare le opere e capire come mai un autore ha realizzato un lavoro.
L’anno di realizzazione della stampa positiva
Non sempre gli autori realizzano, dopo lo scatto di una immagine, tutte le stampe di una edizione ed a volte, tra il momento dello scatto e la realizzazione della stampa fotografica, passano alcuni anni. Indicare sul retro della stampa l’anno in cui la stessa é stata realizzata, se diverso dall’anno dello scatto, é una informazione in più che può a volte confermare una migliore o peggiore qualità del supporto utilizzato per la stampa e quindi un valore differente.
Edizione/numerazione
Viene scritto il numero della copia dell’edizione che l’autore ha deciso per quella immagine o serie di immagini, la stessa cifra viene barrata con la cifra corrispondente al massimo delle copie che saranno stampate.
Esempio 4/25: si tratta della quarta copia di 25 che saranno stampate.
Annotazioni eventuali
Alcuni autori danno indicazione di chi ha realizzato la stampa, oppure del materiale di supporto della stampa, o altre indicazioni.
La firma dell’autore
La firma si mette in ultima posizione per autentificare i dati sopra riportati.
Naturalmente. Può essere scritta a matita (la grafite non ha inchiostri che possono con l’andare del tempo trasferirsi sul fronte dell’immagine e/o nella fibra della carta).
Alcuni autori firmano sul fronte, nel bordo bianco (pochi, come Mario Giacomelli, firmano nell’immagine con una normale penna a sfera), io preferisco che la firma sia sul retro al centro dell’immagine.
N.B. é necessario fare attenzione a non premere troppo con la matita per evitare di incidere la carta e trasferire il segno sul davanti dell’immagine.

Vintage (stampa d’epoca)

Per una immagine storica, ma non solo, si deve tener conto di quando è stata eseguita la stampa.
Per stampa “vintage” si intende una stampa che é stata eseguita dall’autore (o da un laboratorio sotto il controllo dell’autore) in un periodo non superiore ai due o tre anni dopo la data dello scatto dell’immagine stessa. Più è corto questo periodo e meglio é per lo statuto di vintage.
Quando un autore diventa famoso molto spesso gli eredi o chi viene in possesso dei negativi originali, produce e mette in circolazione delle stampe che non possono essere definite vintage ed hanno un valore di mercato molto inferiore alla stessa immagine originale stampata all’epoca dello scatto.
Come sopra scritto nelle opere contemporanee è importante, a mio avviso, indicare sul retro della stampa vicino al titolo, la data di scatto e la data di realizzazione della stampa.

L’edizione e tiratura

Negli ultimi anni si é sempre più consolidata l’abitudine, per gli autori che intendono offrire le loro opere al mercato dell’arte, di dichiarare una numerazione limitata, in genere, legata alla dimensione della stessa.
Non tutti gli autori del ‘900 numeravano e limitavano le stampe delle loro immagini così che i prezzi delle loro opere non sono “andati alle stelle” come per alcuni autori che hanno limitato la stampa delle loro opere. Se di un’opera si sa che ci sono in giro molte stampe il prezzo rimane stabile, quando non scende, mentre di un’opera che si sa essere limitata, secondo la legge della domanda e dell’offerta, il prezzo solitamente aumenta regolarmente fino ad arrivare ad un importo massimo per l’autore.
A volte capita di incontrare autori che dichiarano una dimensione e per quella dimensione una edizione limitata supponiamo di 10. Dopo qualche anno, finita l’edizione, ristampano la stessa immagine con dimensioni differenti ed una nuova edizione di 10, aumentando così il numero di stampe in circolazione. Gli acquirenti della prima edizione si sentiranno raggirati in quanto all’acquisto hanno avuto l’impressione di sapere in circolazione solo 10 stampe e non 20 ed il prezzo di un’opera limitata a 20 é sicuramente inferiore che la stessa opera limitata a 10.
Il numero massimo per la limitazione delle proprie stampe ultimamente si é sempre più abbassato arrivando per alcuni autori anche a 3 stampe per immagine. Questo per poter giustificare un prezzo di vendita più elevato.
A mio avviso una edizione normale potrebbe andare da un minimo di 3 ad un massimo di 15 stampe per immagine. Come scritto prima una edizione bassa aumenta proporzionalmente il prezzo di vendita insieme alla dimensione della stampa che, come vedremo nel prossimo paragrafo, più é grande e più il prezzo di vendita é elevato.
Più frequentemente si vedono autori che prevedono di stampare le proprie immagini con dimensioni diverse che vanno dal cm 30 x 40 fino ad arrivare alle gigantografie di alcuni autori che propongono opere che arrivano anche a 3, 4 metri di larghezza. (Queste opere, con il contributo della fama dell’autore, arrivano a stabilire prezzi record di vendita.)
Il collezionista che si affaccia al mercato ed intende acquistare fotografia d’autore, a volte rimane confuso per le innumerevoli possibilità che gli vengono sottoposte dai diversi autori.
Attualmente può capitare:
– l’opera non numerata
l’autore stampa a suo piacimento le opere che gli vengono richieste e decide di non stamparne più quando pensa che ce ne siano troppe. In questo caso i prezzi sono relativamente bassi e le differenti caratteristiche/qualità delle stampe aumentano o diminuiscono il prezzo;
– l’opera viene numerata progressivamente (poco usato)
l’autore stampa a richiesta e numera in progressione. In questo caso solo l’ultimo acquirente é al corrente di quante stampe sono state realizzate;
– l’opera viene limitata per una determinata dimensione
l’autore decide una o più dimensioni e per ogni dimensione decide un numero massimo di stampe da realizzare secondo richiesta.
Esempio:
un autore decide di realizzare una immagine con una dimensione piccola limitata a 10 ed una dimensione grande limitata a 5.
Questa possibilità, secondo me, é un limite per l’autore in quanto se gli vengono richieste le stampe grandi (che saranno più care di quelle piccole) potrà venderne solamente 5, mentre se i suoi acquirenti non hanno grosse possibilità finanziarie, una volta terminata l’edizione delle stampe piccole potrà offrire unicamente le grandi dovendo rivolgersi unicamente a clienti facoltosi e che hanno spazio per esporre le opere che acquistano.
Difficilmente un autore decide di stampare contemporaneamente tutte le stampe dell’edizione (per questioni di costi).
Nel caso di più dimensioni l’autore deve informare dell’esistenza delle diverse dimensioni e, dunque, della quantità massima di stampe che saranno realizzate per quella determinata immagine.
A volte gli autori si lasciano convincere da galleristi o collezionisti a realizzare stampe più grandi. Se ciò capita al momento della prima esposizione del lavoro rientra nell’informazione come dicevamo sopra, mentre se questo succede dopo che l’autore ha già venduto alcune opere numerate e a quel momento non era prevista nessun altra dimensione, dovrebbe informare i precedenti acquirenti di questa nuova decisione (operazione che a volte é troppo complicata)
-l’opera viene limitata con diverse dimensioni
in questo caso, che personalmente ritengo essere il metodo attualmente più applicabile, vengono decise più dimensioni, con prezzi naturalmente differenti, che secondo richiesta vengono realizzate e rientrano tutte in una unica numerazione.
Mi spiego meglio:
se decido di realizzare delle opere fotografiche con dimensioni di cm 40×50 e di cm 80×100 e limitare l’edizione di questa immagine a 15, nelle 15 devono essere comprese sia le stampe piccole (40×50) che le grandi (80×100) per garantire al collezionista che di quell’immagine non saranno offerte alla vendita più di 15 stampe. A seconda delle necessità saranno realizzate le stampe nella dimensione richiesta ed al prezzo stabilito secondo la dimensione.
Questo metodo slega il fatto che l’edizione sia applicata ad una sola dimensione ed informa meglio il possibile acquirente sulla quantità di opere che saranno realizzate.
Dunque per terminare e per seguire le richieste dei collezionisti che a volte spendono cifre importanti, a mio avviso il sistema migliore é quello di avere una sola edizione (vedi esempio sopra) che comprende tutte le possibili dimensioni.
Alcuni autori a volte iniziano a proporsi sul mercato con idee poco chiare facendo un pò di confusione. E’ sempre comunque possibile a mio avviso decidere, a partire da un dato momento, di cambiare metodo e fissarlo in modo diverso da quanto fatto in precedenza. Si può decidere che, per il lavori eseguiti a partire da un determinato anno, la numerazione sarà fissata in modo differente, senza però cambiare le numerazioni dei lavori eseguiti in precedenza.

Dimensioni

Ogni opera dovrebbe avere una sua dimensione per la quale é stata concepita. In fotografia non é una regola assoluta e, per i motivi che vedremo sotto, più frequentemente autori contemporanei prevedono di stampare le proprie opere in dimensioni diverse e sempre più grandi.
Questo é possibile per la tecnologia attuale che permette di realizzare stampe più dettagliate e più grandi. Oltretutto sempre per questioni tecniche, é garantita una buona durata media delle opere fotografiche sia in bianco/nero che a colori.
All’inizio della storia della fotografia le stampe venivano realizzate in dimensioni relativamente piccole in quanto erano stampe a contatto e la dimensione del positivo corrispondeva alla dimensione del negativo utilizzato per lo scatto.
Il materiale negativo é migliorato nella definizione e con i negativi di grande formato (dal cm10x12 fino in alcuni casi a cm 30×40) é possibile realizzare positivi con dimensioni enormi ed una buona definizione dell’immagine. Anche il materiale positivo é migliorato e con il digitale si sta arrivando a realizzare stampe “esagerate” (permettetemi il termine) con definizione incredibile.
Naturalmente opera grande prezzo adeguato e se l’opera ha una limitazione bassa costa ancora di più. Attualmente un autore di fama internazionale che offre le sue opere limitate sotto il 10 e con dimensioni che possono arrivare a cm 180 x 225 può chiedere tranquillamente fino a EUR 10’000.-.
Come affermato nel paragrafo precedente é importante che tutte le dimensioni realizzate per la stessa immagine siano dichiarate alla presentazione dell’opera ed eventualmente rientrino tutte in una unica numerazione.

I prezzi

Un giovane autore che all’inizio della sua carriera espone le sue opere non dovrebbe richiedere prezzi esagerati, a meno che, riflettendo su questo, si dica: “se un possibile acquirente ama le mie opere sarà disposto a spendere anche una grossa cifra”. Ciò significa nella maggior parte dei casi che l’autore ha delle difficoltà a separarsi dalle sue opere e non intende venderle. Ma tutto ha un prezzo.
Al contrario se un autore propone prezzi troppo bassi difficilmente sarà richiesto da gallerie o da collezionisti.
A mio avviso un prezzo minimo per un’opera di un autore alla prima esposizione con opere in bianconero di dimensioni non superiori a cm 40×50 non dovrebbe chiedere meno di CHF 500.-/EUR 330.-. Se il suo lavoro viene apprezzato e richiesto potrà in seguito aumentare regolarmente il prezzo fino ad adeguarsi al mercato.
Differenti sono i fattori che influiscono sul prezzo dell’opera.
– la fama dell’autore;
– la dimensione dell’opera;
– la numerazione o limitazione;
– la data di realizzazione della stampe;
La fama dell’autore
Più un autore é conosciuto ed importante e più il prezzo delle sue opere aumenta, secondo la legge della domanda e dell’offerta. L’importanza di un autore non é matematicamente calcolabile, ma i fattori che influiscono sono abbastanza noti.
Un autore importante é richiesto dalle gallerie, é entrato nelle collezioni di musei importanti, é richiesto dagli editori che pubblicano cataloghi e libri, entra a far parte di collezioni private importanti. Alcuni acquirenti che non possono conoscere tutto di tutti, si basano su loro curriculum e se apprezzano la loro opera ed il prezzo gli sembra conveniente decidono di acquistare.
La dimensione dell’opera
Come detto nel capitolo precedente più l’opera é grande e più costa. La tecnologia permette di realizzare stampe positive di grandi dimensioni che arrivano a costare decine di migliaia di Franchi Svizzeri. Una stampa di cm 80×100, che per alcuni autori é piccola, può costare da CHF 3000.- fino a CHF 10000.- e più, a dipendenza della fama dell’autore. Opere di grandi dimensioni hanno realizzato alle aste record di incasso fino ad importi vicini al milione di Franchi Svizzeri.
La numerazione o limitazione
Attualmente gli autori contemporanei limitano il numero di stampe positive da un minimo di 3 ad un massimo di 15 o 20 stampe. Alcuni autori possono permettersi di limitare la loro produzione anche fino a 100 stampe, proponendo le loro opere a prezzi relativamente alti perché conosciuti.
Più la numerazione é bassa più il prezzo dell’opera può essere aumentato. Come per la pittura dove si acquistano opere uniche, anche per la fotografia sono stati raggiunti prezzi impensabili fino a qualche anno fa.
Un’opera limitata a 3 per alcuni é ritenuta un pezzo unico e può raggiungere prezzi alti.
Per accontentare acquirenti di diversa possibilità finanziaria autori famosi producono pezzi di grandi dimensioni con numerazione bassa (sotto il 10) e possono raggiungere prezzi record. Allo stesso tempo producono, della stessa immagine, stampe piccole con numerazione alta e le propongono a prezzi “abbordabili”.
Penso sia comunque importante riuscire a garantire al collezionista che le numerazioni dichiarate sia mantenute e che l’autore non decida per motivi diversi, dopo qualche anno, di proporre una nuova edizione con qualità tecniche o numerazione o dimensione differenti per giustificare la nuova edizione.
La data di realizzazione della stampa
Come scritto nel capitolo “Vintage” il valore della stampa in questione é molto più alto se si tratta di una stampa originale realizzata dall’autore, o sotto il suo controllo, in un periodo non superiore ai tre anni dalla data dello scatto.
Le ristampe postume hanno, in genere, un valore corrispondente al 10/20% di una stampa “vintage”.

Presentazione lavori

Gli autori che fossero interessati a presentare i loro lavori alla galleria, sono invitati ad inviare, come primo contatto, una documentazione digitale (link al sito web personale, documento pdf o altro) tramite posta elettronica all’indirizzo galleria@consarc.ch
NB gli invii per posta elettronica dovrebbero essere con files di immagini o documenti non troppo pesanti (max 5-6 MB per invio).
Evitiamo di visionare i lavori presentati sui socialnetwork (facebook, linkedin, instagram, flickr o altro) che generalmente sono confusi e poco esplicativi di un buon lavoro.
In seguito la galleria valuterà i lavori ricevuti e, se lo riterrà necessario, contatterà l’autore per un’ulteriore visione dei lavori in originale. Per la visione dei lavori in originale solitamente viene fissato un appuntamento di giovedì.
I materiali ricevuti in digitale saranno archiviati nel nostro archivio e saranno trattati con la dovuta riservatezza nel rispetto della privacy ed al copyright dell’autore.
I materiali ricevuti in originale rimarranno a disposizione dell’autore. La galleria non si assume le spese per il ritorno delle opere.
Ricordiamo agli autori che la nostra galleria é esclusivamente dedicata alla FOTOGRAFIA.
Artisti in genere, quali pittori, scultori o altro le cui opere non hanno un riferimento diretto alla fotografia, sono invitati ad evitare di mandare i loro lavori perché non verrebbero in alcun modo presi in considerazione.
NOTA IMPORTANTE
Nella documentazione dei lavori presentati, devono essere incluse le seguenti importanti informazioni:
– anno di produzione del lavoro;
– supporto dell’opera originale (tecnica di stampa, cornice o altro);
– dimensione o dimensioni incluse nell’edizione/numerazione delle opere;
– altre indicazioni utili come descritte nel link SUGGERIMENTI;
– biografia o CV dell’autore.
In mancanza di tali informazioni, i lavori non vengono visionati e presi in considerazione per eventuali future collaborazioni.


Presentare il proprio lavoro in una galleria.

il primo contatto con una galleria può essere determinante e presentarsi nel modo giusto non è semplice.
Ogni galleria ha “regole” non scritte e difficilmente vi sarà data indicazione di come farlo.
– Primi passi
Riteniamo importante che l’autore conosca la galleria alla quale vuole presentarsi.
I siti web delle gallerie sono abbastanza utili per capire il programma della galleria e valutare se il proprio lavoro potrà interessare alla galleria e, in un secondo tempo, essere inserito nella programmazione.
Spesso anche una visita personale può aiutare a presentarsi (in un primo momento anche senza un lavoro da fare vedere) e frequentare la galleria, visitando le mostre e ricevendo le news, aiuta l’autore ed anche la galleria ad evitare di presentarsi dove chiaramente il lavoro non sarebbe valutato e/o apprezzato.
Noi preferiamo come primo contatto ricevere materiale digitale (sito web, documento in pdf o altro) evitando che le immagini siano raccolte in pagine di siti collettivi, pagine di socialnetwork tipo facebook, flikr o altro.
– composizioni dei lavori da presentare.
In genere sia galleristi che professionisti del settore (critici, curatori, collezionisti e altro), con pochi sguardi capiscono sin dalle prime immagini, se il lavoro che hanno difronte può interessarli. Alcuni terminano, a volte, bruscamente l’incontro senza spiegazioni, altri invece, se hanno tempo, si dilungano in consigli e suggerimenti, che sono da ascoltare, anche se non necessariamente informazioni determinanti per la vostra carriera.
Presentare al proprio interlocutore l’ultimo lavoro terminato, eventualmente un secondo lavoro precedente e, se viene richiesto avere come scorta alcune immagini di un lavoro in corso di esecuzione.
Portare della documentazione da lasciare: biografia e/o curriculum e dati necessari per essere ricontattati (indirizzo email, telefono studio o cellulare).

Una volta accettata la collaborazione da parte della galleria, e fissato le date per la programmazione della mostra, sarà inviato un link con l’elenco dei materiali, documenti e testi per la comunicazione della mostra (cartolina invito, pagina nel sito web della galleria, file jpg ed altro).

© di Guido Giudici, marzo 2000/2011
I testi pubblicati in questa pagina sono frutto di esperienza decennale.
Non sono testi poetici, letterari o scientifici, ma non mi dispiacerebbe se, chi li utilizzasse, me lo facesse sapere.

SUGGERIMENTI2024-08-06T14:57:30+02:00
20 12, 2019

MOSTRE

2025-01-31T17:33:05+01:00

In questa pagina trovate l’intera programmazione
delle mostre ospitate negli spazi della galleria dalla sua
apertura nel giugno del 1990.La pagina è in aggiornamento e alcune delle mostre programmate nei primi
Trenta anni della galleria  possono essere visualizzate
con collegamento alle pagine del vecchio sito web consarc.ch.
Completeremo il nuovo sito con le pagine attualizzate nei prossimi mesi.
Guido e Daniela Giudici


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MOSTRE2025-01-31T17:33:05+01:00
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