HERBARIUM i fiori sono rimasti rosa – Alessandra Calò Edizione speciale
CHF200.00
Cartella contenente 16 immagini cm 27.3 x 21.5
Fotografie/progetto: Alessandra Calò
HERBARIUM i fiori sono rimasti rosa è il libro d’artista di Alessandra Calò, pubblicato da studiofaganel editore.
Nel libro è riconoscibile uno dei tratti distintivi del lavoro di Calò, la sovrapposizione di diversi livelli che creano un’immagine unitaria, armonica, simbolica.
In questo caso l’artista ha messo insieme tre diverse fotografie: quelle delle mani, dei vegetali e delle scritte.
Le mani sono quelle di alcune persone con fragilità con cui Calò ha svolto un laboratorio durato quattro mesi, con una camera oscura allestita presso Palazzo dei Musei, per un progetto collaborativo dal nome ‘Incontri! Arte e persone’ che si sviluppa a partire dal progetto di Reggio Città senza Barriere ‘B. Diritto alla bellezza’, parte integrante del programma di mandato dell’Assessorato Cultura del Comune di Reggio Emilia.
I vegetali, raccolti in una prima fase del laboratorio, non sono piante nobili e curate, ma quelle che comunemente sono definite “erbacce”, rimandando al concetto di fragilità/diversità intesa come “ciò che non rientra nei canoni” e con l’obiettivo di scoprire la bellezza delle piccole cose.
Sono stati realizzati poi degli erbari fotografici utilizzando delle tecniche antiche di stampa a contatto dell’800, come la callotipia, che non privilegiano la precisione, l’alta risoluzione, ma al contrario, determinano un processo creativo fatto di tentativi e errori che risulta più “umano” e inclusivo.
Infine il terzo livello, quello della calligrafia, è tratto da un erbario di Antonio Cremona Casoli del 1883-845, conservato presso i Musei civici di Reggio Emilia, che non ha un approccio rigorosamente scientifico, ma più “sentimentale”. Con quest’ultima operazione Calò riesce a reinterpretare e valorizzare una parte di un archivio, mettendo in relazione il contemporaneo con il passato.
“HERBARIUM i fiori sono rimasti rosa” è per Alessandra Calò uno spunto per riflettere su nuovi modi di concepire l’immagine: nella rappresentazione del gesto di cura evocato dai protagonisti, l’azione immaginata diventa iconica e, grazie alla sovrapposizione delle immagini, s’innesca una simbiosi tra umanità e natura raffigurata.
Il libro è concepito come una cartella con immagini in 16 singole tavole. Ogni cartella ha sulla copertina una fotografia in cui c’è solo l’elemento vegetale: la scelta è ricaduta sulla felce, una pianta altamente resistente. Ognuna di queste fotografie è stampata dall’artista, così ogni cartella è diversa dall’altra, a simboleggiare la biodiversità e la neurodiversità.
Ci sono tre strati di forme ben percepibili nelle fotografie di Alessandra Calò e tale aspetto ci indirizza verso una loro lettura non informativa, ma simbolica. Vi possiamo riconoscere delle mani, dei vegetali e delle scritte a comporre un racconto che intreccia la riproduzione di erbe spontanee appositamente raccolte con le note manoscritte lasciate nel secondo Ottocento nel proprio erbario dal dilettante Antonio Cremona Casali, affascinato dalla collezione settecentesca del naturalista Filippo Re, ora ai Musei Civici di Reggio Emilia. Alessandra Calò ha lavorato a questa ricerca insieme ad alcune persone con fragilità in un laboratorio allestito presso Palazzo dei Musei e ha utilizzato una tecnica di stampa fotografica storica, la callitipia, nella quale la manualità operativa è frazionabile fra i vari partecipanti. Il lavoro si colloca nell’ambito concettuale tipico di questa fotografa e, nel medesimo tempo, ripropone un’operatività formativa che ritorna alle pratiche artigianali dei primordi fotografici, dando nuovamente valore all’abilità personale. A tutto questo si affianca la capacità creativa generata dalle pulsioni interiori indotte dalle testimonianze di competenze lontane, quali la razionalità della cultura illuminista di Filippo Re e i sentimenti romantici delle note di Cremona Casoli, intese sia come manifestazioni storicamente differenziate dell’inventiva umana, sia come fonti della odierna creazione artistica. Non vi è dunque separazione fra immaginare e fare, ma continuità vitale, che trascorre dalla mente alle mani e, attraverso di esse, ritorna al pensiero per rinnovarne la creatività. Entro questo movimento circolare Alessandra Calò ha saputo inserire una sapienza compositiva generatrice di immagini leggere e fluttuanti, in cui le entità percepibili restano distinte e non relazionabili a un prima e a un dopo, come nel flusso di coscienza letterario si alternano con linearità memoria e sedimento inconscio.
Massimo Mussini
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